G. CARLO M. DURANTI nella sua ricerca appassionata tra storia e tradizione Cremonese, riesce ad abbinare magistralmente ricerca e gastronomia su di un tema che invero ha fatto sorridere molti, anche se, scorrendo le pagine di questo suo lavoro, risulta evidente occorre che se ne occupino menti colte ed osservatrici per comprendere le varie e complesse forme che presenta l’argomento. E siccome fu detto che non è concepibile civiltà senza maiale, può arguirsi quale importanza abbia questo suo lavoro, che rappresenta in maniera inconsueta, il profilo storico della genesi del maiale sul territorio Cremonese, e in sintesi un complesso di notizie sui prodotti derivati dalla lavorazione delle carni, sulla tradizione, non escludendo alcune note di zootecnia e patologia d’allevamento dei suini, che mirano a porre in evidenza la ricerca della qualità delle carni per giungere a « quei prodotti » di cui si sta affievolendo la memoria storica.

Parlare del maiale suscita immagini, ricordi, testimonianze, per quell’animale che nelle case di campagna era ordinariamente atto a fornire quasi tutta la carne che gli agricoltori, in un’economia rurale come quella dei nostri vecchi, mangiavano in un anno.Esso rappresenta il riferimento di una dimensione oggi perduta. E’ stato sempre considerato più come un salvadanaio della famiglia contadina, per la sua capacità di grande trasformatore di alimenti di poco valore e di scarti della lavorazione molitoria dei cereali, oltre che degli avanzi della mensa umana, che come investimento industriale.

Il maiale, questo protagonista della nostra storia minore, la cui vita rappresentava il più facile e redditizio investimento del contadino, era addirittura motivo di festa quando veniva ucciso. L’unico a non divertirsi era proprio lui, ma certamente sarebbe stato soddisfatto se avesse potuto constatare con quale e quanto amore venivano trattate le sue carni per confezionare quei meravigliosi insaccati che esaltavano le sue virtù…..
G. CARLO M. DURANTI